Il muro di Matthias

di Emiliano “El buitre” Fabbri

La caduta del muro di Berlino ha sgretolato un mondo. La Germania, e non solo, si porta ancora addosso le sue macerie, la sua polvere, i suoi mattoni grigi. Un muro presente anche quando ormai non esiste più. Quel 9 novembre 1989 ha cambiato la storia. La storia di tutti. Compresa quella calcistica.dfm-hall-of-fame-matthias-sammer-detailfoto2-799x1024
In quei giorni la nazionale della DDR si stava qualificando ai mondiali di Italia ’90 e gli sarebbe bastato un pareggio in Austria, ma lo stordimento di quel novembre mandò fuori fase la squadra, che perse così match, partita e mondiale. Sarebbe stata la seconda presenza dopo quella del 1974 a casa dei cugini federali. Il loro picco massimo. Perché se oggi ricordiamo la DDR è grazie a Jürgen Sparwasser, colui che diede eterna gloria ai blu orientali, e con un suo gol abbatté i nemici della Germania Ovest futura campione, portando i cugini di campagna al secondo turno. Prima e dopo Sparwasser il nulla. Mai un altro mondiale. Mai un europeo. In DDR lo sport era di proprietà statale e lo stato preferiva gli sport singoli, perché nella loro mente bacata contavano un atleta come una medaglia. Erano le olimpiadi il loro obiettivo, tanto da creare un programma di doping di stato da far rabbrividire, fino ad arrivare a rovinare la vita dei propri atleti. Così che il calcio passava in secondo piano, e proprio solo nei giochi olimpici, riuscendo a far valere il loro “dilettantismo”, conquistarono un oro, un argento e due bronzi tra il 1964 e il 1980. A cavallo degli anni Settanta, appunto, ci fu la massima espressione del calcio della Germania Est, comandato, deciso, indirizzato, drogato dallo stato. In particolare da Erich Fritz Emil Mielke, fondatore e capo della STASI, nonché ministro della Sicurezza. Con mandato a vita. Fino a quando arrivò il muro. O meglio, fino a quando quel muro cadde sotto le mani dei cittadini tedeschi che lo avevano visto e vissuto come una vergogna inqualificabile.
Con quel muro finì anche il calcio dell’est. E finì allo stadio Heysel di Bruxelles al tramonto del 12 settembre 1990. Una partita che doveva valere la qualificazione agli europei del 1992 e che venne declassata ad amichevole. Una partita che rischiò di non essere giocata. Una partita inutile. Per molti, ma non per tutti. Sicuramente non per la storia. Il CT orientale fece fatica a trovare quattordici giocatori da portare all’Heysel, qualcuno si diede malato, altri non volevano rischiare di farsi male proprio quando erano riusciti a firmare un contratto vero. Un contratto occidentale. Alla fine Eduard Geyer riuscì a mandare in campo l’ultima nazionale della Germania Est. Lui, in odore di STASI, che già presumeva il suo futuro purgatorio, che puntualmente arrivò. Ma quella sera, sotto il cielo del Belgio, i tedeschi orientali, misero l’anima dentro quella maglia, per l’occasione bianca, quasi a simboleggiare la prossima riunificazione calcistica. Tra tanti modesti e onesti pedatori, spiccava il capitano di quella nazionale: Matthias Sammer. Nei piedi dell’allora ventitreenne biondo di Dresda l’ultima firma della storia calcistica della Germania Est. Un tap-in al settantatreesimo e un sinistro al novantesimo sorpresero Michel Preud’homme, segnarono sul tabellino due a zero per la Germania Est sul Belgio, ma soprattutto sgretolarono l’ultimo mattone del muro di Berlino. Perché proprio Sammer, nato nella squadra della sua città, una delle tante “Dynamo”, quella di Dresda, aveva appena firmato per lo Stoccarda e da quella sera a Bruxelles riuscì in quello che, fino ad allora, al di là del muro sarebbe stato impensabile.

Divenne campione d’Europa con la maglia bianca, questa volta riunificata, alzando nel contempo il Pallone d’oro, e per non farsi mancare nulla alzò anche una Coppa dei Campioni e una Intercontinentale con i gialloneri del Borussia Dortmund. Quel ragazzo nato al di là del muro e ultimo simbolo della DDR, campione delle due Germanie. Matthias Sammer: il campione della Germania unita.

Emiliano “El Buitre” Fabbri

 P.S.: Vincenzo Paliotto ha scritto due libri sul calcio nella DDR: Stasi Football Club e DDR, la guerra fredda del football (entrambi Urbone publishing), che meritano di essere letti, perché la storia, a volte, viene scritta anche da un pallone calciato sul muro.

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