di Gianvittorio Randaccio
Inter – Cesena 1-0
Il 27 novembre 1988 io non lo sapevo ancora, ma l’Inter di Trapattoni aveva già cominciato la sua cavalcata trionfale per il cosiddetto scudetto dei record, quello dei 58 punti su 68 disponibili. Il mio idolo all’epoca era Gianfranco Matteoli, il tamburino sardo, centrocampista dai grandi polmoni e dai piedi buoni, poco appariscente, metronomo sempre in movimento e con il vizio dell’assist. Quella domenica mi ero appena sistemato davanti alla radio e non potevo credere alle mie orecchie: mentre tutti i radiocronisti erano ancora impegnati con il giro delle formazioni, da Milano avevano chiesto la linea per annunciare il gol di Matteoli, proprio lui, contro il Cesena, dopo appena dieci secondi di gioco. Io non potevo crederci: Matteoli non segnava mai e quella domenica aveva portato in vantaggio l’Inter con il gol più veloce di sempre, e con un bellissimo tiro al volo di sinistra, per giunta. Avevo passato il pomeriggio incredulo, felice per la vittoria di misura dell’Inter, e solo alla sera, davanti a Novantesimo minuto, avevo potuto constatare che sì, era tutto vero, Matteoli aveva segnato un gol da cineteca dopo dieci secondi scarsi di gioco, prendendosi la ribalta almeno per un giorno. È il ricordo più vivido che ho di quel campionato memorabile.
Cremonese – Lucchese 1-1
Al liceo avevo un compagno di classe di Viareggio, tifoso sfegatato della Lucchese, che seguiva in tutte le partite in casa e, a volte, anche in trasferta. Visto che viveva a Milano, la partita del 20 dicembre 1992 della Lucchese di Orrico allo stadio Zini di Cremona gli era sembrata particolarmente appetibile e, in maniera un po’ inaspettata, era riuscito a convincere qualche compagno di classe, tra cui figuravo anch’io, a fargli compagnia, per passare una domenica da tranquilli ultrà vagamente borghesi. La trasferta si era trasformata ben presto in una specie di gita scolastica non autorizzata, nella quale la partita, almeno per noi, era l’ultima delle preoccupazioni. Allo Stadio Zini eravamo veramente arrivati, e avevamo trovato la curva degli ospiti – ovvero noi, per quel giorno improbabili tifosi della Lucchese – praticamente vuota, pronta a ospitare le nostre scorribande. La partita era stata noiosa (1-1, alla fine, con gol di Ansaldi per la Lucchese e Lucarelli per la Cremonese), anche se alla fine i nostri cori insensati, il freddo polare di quel 20 dicembre e i movimenti da sbandati che facevamo da destra a sinistra (e viceversa), che spesso si concludevano con dei voli sulle gradinate, ci avevano fatto divertire: il nostro amico, invece, soffriva come un cane, unico vero tifoso in mezzo a una curva di liceali esagitati. Mentre tornavamo a Milano, proprio lui mi aveva confidato che, nonostante il non disprezzabile pareggio finale, a volte essere tifoso ti fa soffrire così tanto che la solitudine è l’unica arma a disposizione per difendersi.