Un italiano a Barcellona

di El Pampa

Se il Real Madrid può vantare fra i suoi tecnici del passato diversi italiani (Capello e Ancelotti in primis) la storia del Barcellona vede un solo nome tricolore nella sua storia. Si tratta di Sandro Puppo, nato a Piacenza nel 1918, che da calciatore, a causa anche di una certa sfortuna, non ebbe una carriera luminosa.puppo
Si mise in luce giovanissimo con il club cittadino, guadagnandosi la convocazione alle Olimpiadi di Berlino del 1936. L’Italia vinse la medaglia d’oro ma Puppo non giocò nemmeno un minuto nella rassegna. La grande occasione arrivò l’anno dopo, quando l’Ambrosiana Inter lo portò a Milano a soli diciannove anni, con la convinzione che ben presto avrebbe preso in mano le chiavi del centrocampo nerazzurro.
Il primo anno, pur vincendo il tricolore, non metterà mai piede in campo e solo nell’annata 1938-39 farà il suo esordio nella massima serie: otto sole partite furono il preludio alla cessione in prestito al Venezia. In Laguna giocò con continuità, potendo vantare due compagni di squadra eccezionali come Loik e Mazzola che faranno le fortune del Torino, ma che troveranno purtroppo anche la morte nella tragedia di Superga.
Dopo una breve parentesi nel club che lo lanciò, il Piacenza, tornò al Venezia, ma il campionato si concluse con la retrocessione in Serie cadetta. Il talento, però, non si era spento: lo volle la Roma.
L’annata fu sfortunata: un incidente di giocò pose praticamente fine alla sua carriera, ma da quel momento si aprirono le porte di un futuro luminoso da tecnico. Dopo la gavetta in provincia, arrivò l’occasione di dirigere la nazionale della Turchia, che raggiunse in modo straordinario la fase finale dei Mondiali del 1954, ai danni della più quotata Spagna.
Dopo una stagione al Besiktas, arrivò la chiamata del Barcellona: i catalani, nella persona del presidente Francesc Miró-Sans, intuirono nell’uomo di Piacenza la figura giusta per contrapporsi agli arcirivali del Real Madrid, che erano agli inizi del meraviglioso ciclo delle cinque Coppe dei Campioni vinte consecutivamente.
Inoltre in casa Barcellona si rendeva necessaria la presenza di una persona che imponesse maggior disciplina e Puppo, con quell’aria da intellettuale, occhialini piccoli e tondi, la passione per la musica, pareva la persona giusta per rompere la tradizione dell’allenatore guerriero, che tanto piaceva al pubblico catalano.
E rivoluzione (tecnica) fu da subito: messi in un angolo le glorie locali Biosca e Basora, venne lanciato nel calcio professionistico un certo Luis Suarez, che avrebbe poi alzato al cielo la prima Coppa dei Campioni in maglia Inter.
Puppo debuttò in panchina allo stadio Les Corts, il campo che verrà poi sostituito dal Nou Camp, di fronte ai tedeschi dello Stoccarda in un match amichevole giocato per inaugurare il sistema d’illuminazione dello stadio e per omaggiare Manuel Torres, la persona, come dissero le cronache del tempo, che curava il campo come fosse casa sua.
L’allenatore piacentino seppe farsi apprezzare dal pubblico catalano e introdusse nel calcio iberico alcuni aspetti innovativi, come la cura dell’aspetto psicofisico e delle relazioni con i giocatori stessi. Tuttavia la stagione non condusse ad alcun successo: in campionato il Barcellona arrivò secondo, distaccato dal Real Madrid mentre  in Coppa del Generalissimo (l’attuale Coppa del Re) venne eliminato in semifinale.
Alla fine della stagione si chiuse il rapporto con i blaugrana e il tecnico italiano fece rientro in patria, firmando per la Juventus, definita simpaticamente la “Juve dei Puppanti” per essere ricca di giocatori giovanissimi. Da lì in avanti, per motivi di salute, la sua carriera lo vide girare per diverse piazze quali Mestrina, Siracusa, Venezia, Turchia (un paio di ritorni), chiudendo nella città nativa Piacenza, dove  morirà nel 1986 all’età di 68 anni.
Suppo rimane tuttora l’unico italiano ad aver allenato il Barcellona, seppure il club catalano abbia avuto negli ultimi anni diversi elementi in campo (Albertini, Zambrotta, Thiago Motta) e nel corpo direttivo (Braida).

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