Alfabeto Vendrame. Omaggio a un Beautiful Loser [A-L]

di Gino Cervi

Ezio Vendrame, calciatore maledetto, è morto ieri mattina, il 4 aprile 2020. Aveva 72 anni.
La sua vita di calciatore è la confutazione della sciagurata frase: «Vincere non è importante: è l’unica cosa che conta».
Questo Alfabeto è dedicato al più indimenticabile Beautiful Loser del calcio italiano.

A come Serie A
Il 3 ottobre 1971, allo Stadio Olimpico, si gioca Roma-Lanerossi Vicenza: finisce 1-0 per i giallorossi, gol di Amarildo al 75’. Nelle fila dei biancorossi, con la maglia numero 10, fa il suo esordio in serie A Ezio Vendrame. Non ha ancora 24 anni, essendo nato il 21 novembre 1947 a Casarsa della Delizia, provincia di Pordenone. Coi biancorossi del “Lane”, dal 1971 al 1974, Vendrame gioca 46 della 49 partite della sua carriera in serie A , a eccezione di tre match col Napoli. In meno di cinquanta partite in serie A, segnerà un solo gol: e non era neppure un difensore. Tanto per ribadire quello che si è scritto sopra sull’importanza, o addirittura sull’imprescindibilità del vincere.

B come Barba e capellivendrame3
Ezio Vendrame era, come si diceva un tempo, un capellone. Chioma fluente e barba incolta. Non era soltanto una moda. Leggete qui: «Nei miei tre eterni anni trascorsi nel collegio di Pordenone ai tempi delle scuole medie una volta al mese arrivavano dei disumani barbieri che avevano l’ordine di rasarci i capelli. E ogni qualvolta toccava a me, mi sentivo violentato da quelle sciagurate rapate. Invano cercavo la compassione del maniscalco di turno, supplicandolo di graziarmi almeno di qualche ciuffo. Niente. Sembrava si divertisse a mortificarmi. Durava soltanto pochi minuti quella tortura, ma bastavano e avanzavano per ferirmi nel più profondo dell’anima» (da Calci al vento, Rizzoli, 2005).

C come Casarsa (ma anche come Cimitero)
Sempre da Calci al vento (Rizzoli, 2005): «Non c’è da stupirsi se una ventina di anni fa, quando Gianni Mura mi telefonò per un’intervista, gli detti appuntamento al cimitero di Casarsa sulla tomba di Pasolini. Non avevo alternative. Avevo scelto quel luogo perché non si spaventasse. Lì almeno avrebbe trovato anche la persona più viva del paese. Ma la cosa più triste è che non ci saremmo mai incontrati se gli avessi detto di trovarci in una qualsiasi libreria del posto!».

D come Serie D (o come Dilettanti)
Dopo la disastrosa stagione al Napoli, nel 1974-75, dove l’allenatore Luis Vinicio, che l’aveva peraltro fortemente voluto, gli fa giocare solo tre partite e poi lo emargina in panchina o in tribuna per tutto il resto della stagione, per incompatibilità caratteriale, Vendrame lascia per sempre la serie A. Giocherà due anni nel Padova (1975-77), in C, e poi in D, nell’Audace San Michele Extra (1977-78) e nel Pordenone (1978-79). Le seguenti due stagioni dopo nei dilettanti dello Juniors Casarsa: qui, a poco più di trent’anni, finisce la sua carriera con una squalifica per aggressione all’arbitro.

E come Emozioni
Padova-Cremonese, partita di fine stagione del campionato di serie C. Il match si sta lentamente trascinando verso lo 0-0 finale, con l’evidente consenso non belligerante delle sue squadre in campo Vendrame decide che per lui era troppo. Prende il pallone e inizia ad avanzare verso la propria porta. I compagni, ripresisi dallo stupore, capiscono le intenzioni del compagno matto e tentano di contrastarlo. Niente da fare: lui li salta come birilli. Arrivato solo davanti al proprio portiere lo chiama all’uscita e scarta anche lui. Si ferma solo sulla linea di porta. La leggenda dice che lo aveva fatto per “salvare almeno le emozioni”. Un’altra leggenda – o forse no – racconta che sugli spalti dell’Appiani, un tifoso muore di emozione, e d’infarto. Quando glielo riferiscono, Vendrame risponde: «Mi chiedo come sia possibile che qualcuno debole di cuore ancora decida di venirmi a vedere giocare».

F come Figurine Panini rizzato
Nel campionato 1967-68, un Vendrame ventenne è tra le riserve della SPAL che gioca in serie A. Non scenderà mai in campo, ma per un errore compare nell’album di Figurine Panini, a fianco di Edy Reja. Il nome e la scheda infatti sono quelli del compagno di Gildo Rizzato, ma la foto, capelli corti e sbarbato, è proprio la sua. Per il povero Gildo una beffa: non gli sarebbe mai più capitato di finire in un album di figurine Panini.

G come Giocatore (e non Calciatore)
In Se mi mandi in tribuna, godo (Biblioteca dell’Immagine, 2002) ha scritto di sé calciatore: «Più semplicemente io amavo giocare a pallone ma non mi piaceva fare il calciatore. Mi sentivo stretto, risucchiato, prigioniero anche perché i vincoli, non solo societari ma anche se vogliamo chiamarli così, “morali”, erano ancora molto forti in quegli anni ’70. Hai voglia a dire che c’era stato il ’68 e che la contestazione giovanile aveva cambiato il mondo… L’Italia era ancora un paese retrogrado e bigotto e il mondo del calcio lo era ancor di più».

H come Hellas Verona
Il 27 febbraio 1972, 5a partita del girone di ritorno, allo stadio Bentegodi si gioca l’Hellas Verona-Lanerossi Vicenza. I gialloblù stanno vincendo per 2-1 (Orazi e Maioli hanno ribaltato il vantaggio di Maraschi) ma al 55’ Ezio Vendrame segna il gol del pareggio. È l’unica di rete di Vendrame in serie A. Che l’abbia fatta all’Hellas spiega l’amore incondizionato che ancora oggi i tifosi del “Lane” provano per lui.

I come Inter-Lanerossi Vicenza 1-2
Il 24 dicembre 1972, disputa la sua migliore partita in biancorosso. È la vigilia di Natale e il Lanerossi gioca in trasferta a S. Siro contro l’Inter. Vendrame quel giorno ha la luna buona ed è incontenibile. L’allenatore dei nerazzurri cambia per quattro volte la sua marcatura ma non serve a nulla. Come un generoso Babbo Natale regala gli assist a Vitali e Galuppi che siglano al vittoria per 2-1 contro gli interisti.

K come Mario Kempes
A metà anni Settanta qualcuno, forse Giampiero Boniperti – si dice che volesse portarlo alla Juve: voce che appartiene alla sfera dell’impossibile visto quanto si è scritto nella premessa di questo alfabeto –, paragona Ezio Vendrame a Mario Kempes. Kempes, argentino, molto più giovane di Vendrame (è del 1954) è il centravanti del Rosario Central e della nazionale argentina che partecipa ai Mondiali di Germania, dove gioca senza molta fortuna però. Sarà invece il trascinatore dell’Albiceleste quattro anni dopo, ai Mondiali organizzati dalla feroce dittatura militare e vinti in finale contro l’Olanda, con due gol del “Matador di Bell Ville”. Proprio in quell’occasione un episodio lo celebra come indomito ribelle: nella cerimonia finale della premiazione, è l’unico calciatore argentino a non stringere la mano al presidente, il generale Jorge Videla. Anni dopo confesserà tuttavia che si trattò di un caso, e che non fu per niente un gesto politico. A Videla andò di lusso non essersi trovato di fronte a Ezio Vendrame.

L come Lanerossi
Se ancora adesso chiedi ai tifosi del “Lane”, del Lanerossi Vicenza, quale sia il loro idolo di sempre, molti di loro risponderanno Giulio Savoini, Luigi Menti o Luis Vinicio, altri si ricorderanno di Paolo Rossi e Giorgio Carrera, di Giancarlo Salvi e Franco Cerilli, di Renato Faloppa e Roberto Filippi, di Giovanni Lopez e Mimmo Di Carlo, di Maurizio Rossi e di Pasquale Luiso e di Stefan Schwoch. Ma tutti si commuoveranno per le tre stagioni, le 46 partite e l’unico gol di Ezio Vendrame. E di quando saliva a piedi uniti sul pallone per giocare, mano tesa sulla fronte e sguardo a scrutare l’orizzonte della metà campo avversaria, a fare la vedetta.

[grazie a Stefano Fregonese per la collaborazione bibliografica]

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