È il derby, baciccia

dal nostro inviato Gianvittorio Randaccio

Io e una bambina di otto anni con la sciarpa dell’Inter stiamo andando allo stadio Breda per il primo derby milanese femminile di sempre e ci guardiamo in faccia, un po’ sorpresi. Mentre ci avviciniamo, infatti, sentiamo arrivare una musica disco piuttosto forte, neanche fossimo a Riccione in piena estate: forse abbiamo sbagliato, penso io, il derby è un altro giorno e qui oggi c’è un rave, che magari è cominciato ieri sera. Invece no, non mi sbaglio, c’è tanta gente, una ressa un po’ inaspettata, e quella che sentiamo è una musica che dovrebbe allietare il pubblico prima dell’inizio della partita, intervallata dalla voce di un conduttore di qualche radio famosa e dallo speaker ufficiale dell’Inter. P_20191013_145849
Ci ritroviamo con un’altra bambina di otto anni ed entriamo nella bolgia della tribuna A, che è già mezza piena. Il colpo d’occhio del Breda è di tutto rispetto: nella curva del Milan non ci sono posti vuoti, il resto dello stadio si sta riempiendo.

La partita comincia e si respira la classica tensione da derby: squadre un po’ contratte, poche occasioni da gol, tanto agonismo: è calcio femminile, ma se le danno di santa ragione, senza tanti complimenti. In tribuna hanno distribuito campioncini di profumo, ma questo non impedisce agli spettatori di prendersela con arbitri e giocatori in campo. Ma c’è una specie di codice d’onore, penso io, perché non si eccede mai: poche parolacce, molta ironia. Al povero guardalinee che corre sotto di noi, che una signora chiama animosamente Baciccia, viene consigliato di andare a fare l’imbianchino, di correre un po’ di più, di mettersi gli occhiali, ma tutto sommato gli va bene, in altre situazioni avrebbe sentito ben di peggio.
C’è un tifo tranquillo, posato, sembra di essere a una partita di calcio giovanile senza i genitori: l’impressione è quella di essere una bolla di gentilezza e serenità, in cui è difficile perdere la calma e dove non si sente la mancanza del Var. Anche quando segna il Milan e l’Inter sfiora il pareggio un paio di volte, senti sussurrare «porca l’oca», o «su no mi», ma niente di più: quando finisce il primo tempo, le bambine quasi non se ne accorgono (d’altronde, con loro grande sorpresa, qui manca la telecronaca e non c’è lo straccio di una telecronaca), tanto che la musica che riparte a martello le sorprende non poco. Continua a leggere “È il derby, baciccia”

Derby, le ragioni di un nome

di El Pampa

Perchè una sfida fra due squadre della stessa città è chiamata Derby? Scopriamo l’origine del termine.

Il Derby County, che milita attualmente in Championship, non disputa una sfida con i rivali cittadini del Derby Midland da ben centoquindici anni, dal lontano 1891. Lo scontro con il Nottingham Forest è al momento la partita più sentita dalla tifoseria locale, dato che le due città distano poche miglia. Il Forest, l’unico club in Europa ad aver vinto più Coppe Campioni che campionati, ha però già la sua sfida personale con il Notts County. 203229189-1b26bfc5-c6f4-4970-b83c-a415069e3578
Tutta questa premessa serve a ricercare le origini della parola, che nel calcio ha un sapore di gioia e dolori, a seconda dei colori vincenti. E può stupire che il termine non sia nato per indicare una partita, quanto invece si rifaccia all’ippica, derivando dalla famosa corsa dei cavalli inglese conosciuta come Derby Stakes.
La Prima corsa nel 1780 doveva essere ridenominata: la scelta era fra rendere onore al luogo presso cui si teneva un party privato, ovvero quello in onore di Edward Smith-Stanley, dodicesimo conte di Derby, oppure omaggiare uno dei principali ospiti, sir Charles Bunbury. La leggenda vuole che a dirimere la questione sarebbe stato il lancio di una monetina, ma è più probabile, secondo alcuni storici, che Bunbury abbia declinato l’invito. Fu ben presto deciso che il Derby dovesse essere posizionato nel calendario ippico come l’evento più importante a Epsom, città del Surrey, all’inizio di giugno. Il successo fu così rilevante che anche altre famose corse ippiche modificarono il nome, aggiungendo la parola Derby. Continua a leggere “Derby, le ragioni di un nome”

Provaci ancora, Roy

di Gianvittorio Randaccio

È domenica, sono in giro, devo tirare le sette per andare a prendere una bambina di quasi otto anni alle prove del coro. Ho una mezz’oretta libera, non poco, non molto, il tempo di una birra piccola e due patatine. Entro in un pub dall’aria accogliente: fra un paio d’ore c’è il derby, c’è eccitazione in giro, si sente, tutti i posti sono prenotati, alle otto e mezza qui dentro non entrerà uno spillo. Ma adesso c’è posto, e la barista mi dice di sedermi dove voglio, anche se su un tavolo c’è un foglietto giallo con scritto Angelo x 6 e su quello vicino, invece, Giuseppe, sempre x 6. Nel pub ci sono vari maxischermi e si possono seguire tante partite, anche contemporaneamente. Decido che mi interessa Fiorentina-Cagliari,4104351428_3877955604_m anche se sembra che a Firenze ci sia un vento fortissimo e che il gioco sia molto difficoltoso: e infatti è vero, non azzeccano due passaggi di fila, la palla rimbalza casualmente da una parte all’altra del campo e ci sono anche un sacco di falli, per cui il gioco è spesso fermo e io mi annoio un po’. Allora giro lo sguardo per il locale: dietro di me trasmettono dei filmati di qualche partita di Champions; un po’ più a destra, proprio sopra il bancone, si passa al basket ed ecco l’Olimpia Milano che sfida l’Onoria Pistoia; più a destra ancora, vicino al bagno, c’è la sfida tra Everton e Crystal Palace, noiosa anche lei, ferma sullo 0-0. I tifosi nel pub che aspettano il derby cominciano a bere birra, e ridendo dicono che devono darsi un contegno, non possono fare come se fossero allo stadio, se no qui li sbattono fuori. A un certo punto a Firenze, nella noia e nel vento più assoluti, Chiesa si libera di un difensore e tira di poco fuori, ma quando sembra che la partita possa finalmente decollare finisce puntualmente il primo tempo. Continua a leggere “Provaci ancora, Roy”