L’ultimo rigore di Faruk

di Gianvittorio Randaccio

«Nino non aver paura di sbagliare un calcio di rigore» cantava Francesco de Gregori, ma avrei voluto vedere lui nei panni di Faruk Hadžibegić, il 30 giugno 1990, nei quarti di finale dei Mondiali italiani contro l’Argentina, mentre si apprestava a calciare un pallone che pesava tonnellate. Lo avrebbe sbagliato, quel rigore, Faruk, come Maradona appena prima di lui, e quell’errore lo avrebbe trasformato in breve nel perfetto capro espiatorio, una specie di Malaussène dei Balcani, il giustiziere della Jugoslavia che, già fragile, da lì in poi si sarebbe dissolta sempre più in fretta per entrare in anni di buio terrore, senza mai raggiungere, forse, una vera pacificazione.6297-3

Nelle pagine de L’ultimo rigore di Faruk si parla di quel rigore, e di molto altro. Di tutto quello che ha preceduto quel quarto di finale, della Sarajevo arcadica in cui nasce e cresce Faruk, delle crepe nella Jugoslavia orfana di Tito, dei disordini premeditati di Dinamo Zagabria-Stella Rossa Belgrado, dell’uso spregiudicato del calcio da parte di politici e criminali, delle contraddizioni che accompagnano e amplificano giorni cruciali della storia contemporanea, appena al di là dell’Adriatico. Gigi Riva ha il piglio dello storico e del narratore di razza e racconta con tempi perfetti una storia che dimostra in maniera esemplare come il pallone sia sempre più un linguaggio universale, una sorta di esperanto che permette di capire e farsi capire a qualunque latitudine; e di come i calciatori si ritrovino spesso interpretare un ruolo per i quali non sono tagliati, investiti da responsabilità difficili da sostenere.

La storia di quella nazionale jugoslava, l’ultima (e anche di quella di basket, con il tormentato rapporto tra Divac, serbo, e Petrovic, croato), sembra la perfetta sceneggiatura per raccontare il travaglio e le tensioni create da vicende storiche molto più grandi di un gruppo di calciatori; l’umile e modesto Faruk Hadžibegić, gregario ma capitano e leader silenzioso, si ritrova a vivere un ruolo da protagonista, e a pensare per tutto il resto della sua vita a che cosa sarebbe successo alla sua amata Jugoslavia, se quella palla fosse entrata. «Mi chiedo cosa sarebbe successo se avessimo sconfitto l’Argentina. […] Forse non ci sarebbe stata la guerra se avessimo vinto la Coppa del Mondo. O forse non sarebbe andata davvero così, ma non mi impedisco di fantasticare. Dunque quando sono steso sul letto e non dormo credo che le cose avrebbero potuto andare meglio, se avessimo vinto la Coppa del Mondo.»

[Givi Riva, L’ultimo rigore di Faruk, Sellerio, Palermo, 2016]