Gli undici della fantasia – Gianni Rodari Football Club

di Gianvittorio Randaccio

Ecco l’undici titolare della Gianni Rodari FC, che fa della fantasia e dell’imprevedibilità le sue armi migliori, peccando forse un po’ in continuità.

In porta, intoccabile, troviamo Tonino l’obbediente, l’unico candidato, per la verità, uno dei pochi dell’undici rodariano che se gli dici dove stare lui ci sta, senza prendere altre iniziative (Se nessuno gli comanda / non sa che fare e che dire / Se non gli dicono: Dormi / non riesce neanche a dormire). Se non gli dici di parare lui se ne dimentica, ma è un difetto marginale, l’importante è che stia tra i pali, magari il pallone glielo tirano addosso.
A destra, in difesa, troviamo il brigadiere De Dominicis, marcatore stretto, attento, fa una buona guardia senza avanzare troppo. È passato senza problemi dalle indagini in tribuna al verde del campo da gioco. Una grande coppia centrale protegge Tonino l’obbediente: il professor Grammaticus e Dick Fapresto. Grammaticus è la mente, Dick il braccio. Il professore, severo e inflessibile, non ammette errori, nemmeno da parte dei suoi avversari, e appena un centravanti sbaglia un congiuntivo parte in tackle. Si racconta che abbia fatto fare dieci giri di campo anche a un compagno di Nazionale che diceva di essere orgoglioso della sua «itaglianità». Dick Fapresto ascolta e asseconda Grammaticus in tutto: senza di lui sarebbe sperso, impegnato solo a correr dietro al suo sogno di diventare come Parry Mason. A sinistra, ecco il compassato professor Guidoberto, che corre avanti e indietro sulla fascia chiedendo agli avversari se per caso hanno visto qualche Etrusco negli spogliatoi, visto che ormai vive solo per incontrarne uno. Guidoberto è molto utile nelle trasferte, soprattutto all’estero, magari in coppa, visto che parla correntemente duecentoquattordici lingue.
In mezzo al campo dirige il gioco il ragioniere Francesco Giuseppe da Trieste, esile, leggerino, che negli spogliatoi legge di nascosto le poesie di Umberto Saba. Al suo fianco ha due centrocampisti un po’ indisciplinati, che tengono poco le posizioni. Giovannino Perdigiorno corre sempre, alla ricerca dell’azione senza difetti, del gol perfetto, e appena lo vedi e gli passi la palla lui è già da un’altra parte, moto perpetuo senza requie. Cipollino è un bel peperino, protesta sempre, lotta contro le ingiustizie e spesso si ribella alle decisioni arbitrali. Questo a volte gli provoca delle crisi di pianto, ma con un nome del genere non potrebbe essere altrimenti.

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Neuro2020 – Girone F – Portogallo-Georgia

di Gianvittorio Randaccio

Viseu (Portogallo), 31 maggio 2008

PORTOGALLO – GEORGIA

AVVERTENZA: nella seguente cronaca non è mai stato utilizzato il termine lusitano.

Nel piccolo stadio di Viseu, a trecento chilometri da Lisbona, nel maggio 2008 si affrontano Portogallo e Georgia. Il pronostico è tutto dalla parte dei portoghesi e il nemico numero uno per i georgiani è sicuramente Cristiano Ronaldo, giovane stella del Manchester United. Tale è la paura che il ct georgiano, l’attento e coltissimo croato Petar Segrt, prima della partita escogita un astuto piano per cercare di limitare il talento di Madeira. Segrt suggerisce ai suoi giocatori di chiamare in continuazione, sottovoce, Cristiano Ronaldo, per distrarlo e innervosirlo. C'era_due_volte_il_barone_LambertoIn realtà Segrt sa bene che in un libro di Gianni Rodari, C’era due volte il barone Lamberto, lo stratagemma sortisce esattamente l’effetto contrario, ma pensa che nella realtà le cose possano funzionare diversamente rispetto a un libro, e che quest’idea possa creare la confusione giusta per limitare il numero 7 portoghese. E così fin dall’inizio della partita Cristiano Ronaldo si sente chiamare in continuazione dai giocatori georgiani: il primo è Menteshashvili, al calcio d’inizio, direttamente dal cerchio di centrocampo, poi anche gli altri fanno lo stesso. Il Portogallo passa comunque in vantaggio al 19’ con Moutinho, ma gli effetti della tattica georgiana non tardano a vedersi. A metà primo tempo c’è una punizione dal limite per il Portogallo: Asatiani, Aleksidze e Tskitshvili dalla barriera sussurrano «Cristiano Ronaldo» all’unisono e la palla, anche grazie a una deviazione del portiere Loria, finisce sulla traversa. Ricardo Carvalho sulla ribattuta, a porta vuota, poi, centra clamorosamente un’altra traversa. Cristiano Ronaldo alza gli occhi al cielo, con un sorriso ironico, chiedendosi probabilmente che problemi abbiano i suoi avversari. Sul finire del primo tempo il Portogallo raddoppia, grazie a un rigore che Simao trasforma freddamente.

Nel secondo tempo tantissimi i cambi, compreso quello di Ronaldo, che getta nello sconforto i georgiani, che a questo punto non sanno più chiamare. Decidono logicamente per il sostituto di Ronaldo, Ricardo Quaresma, e lo stratagemma funziona ancora una volta, visto che anche il trivela, distratto dalla voce di Klimiashvili, colpisce una traversa dal limite dell’area.

A fine partita Felipe Scolari applaude convinto la sua squadra: il Portogallo ha vinto 2-0 e lui ha potuto risparmiare molti dei suoi giocatori, sostituendoli nel secondo tempo.
Petar Segrt si è detto soddisfatto, nonostante la sconfitta: la sua squadra ha evitato una goleada e nel finale avrebbe potuto anche accorciare le distanze. Qualche giornalista ha visto spuntare dalla sua tasca un romanzo di Agatha Christie. Che cerchi in un giallo un’altra strategia per frenare i prossimi avversari francesi? Non sarebbe un’idea stupida, pensano in molti: speriamo solo non ci scappi il morto.


Portogallo – Georgia 2-0
19’ Moutinho, 45’ Simao (R)

Portogallo: Ricardo (46’ Quim), Paulo Ferreira, Bosingwa (Miguel 62’), Ricardo Carvalho (Fernando Meira 62’), Pepe (Miguel Veloso 46’), Petit (Bruno Alves 46’), Deco (Raul Meireles 46’), Joao Moutinho (Nani 46’), Nuno Gomes (Helder Postiga 62’), Cristiano Ronaldo (Ricardo Quaresma 46’), Simao (Hugo Almeida 72’).

Georgia: Loria (Sanaia 67’), Lobjanidze (Mujiri 38’), Khizanishvili, Navalovski (Merebashvili 81’), Kenia (Devdariani 46’), Asatiani, Tskitishvili, Aleksidze (Klimiashvili 46’), Menteshahvili (Barabadze 67’), Kobiashvili, Iashvili (Gotsiridze 46’).

 

 

Il Ghiro d’Italia

di Gianvittorio Randaccio

Nel 1964 Gianni Rodari pubblica Il libro degli errori, una raccolta di raccontini, filastrocche e favolette con le quali, partendo da semplici errori di ortografia, cerca di «insegnare al bambino non solo a evitare l’errore ma anche a capire che l’errore, spesso, non sta nelle parole, ma nelle cose, che bisogna correggere i dettati, certo, ma bisogna soprattutto correggere il mondo…»Gianni-Rodari-libri
I libri belli sono senza tempo, sempre attuali, e Il libro degli errori lo è più che mai: in questo periodo è necessario, ancorché faticoso, correggere il mondo, cercare una chiave per comprenderlo meglio ed evitare di commettere gli errori che, forse, ci hanno portato allo strano tempo che stiamo vivendo.
Nel Libro degli errori c’è una filastrocca che si chiama Il Ghiro d’Italia e anche questa mi sembra più attuale che mai. Comincia così: «Cosa state sulla strada come allocchi ad aspettare? / Il Ghiro d’Italia non lo vedrete passare!». Quest’anno, probabilmente il Giro non lo vedremo passare: qualcuno dice che si farà a ottobre, ma io preferisco pensare che per quest’anno, come dice Rodari, il Giro si trasformi in «una bestia senza fretta: non va nemmeno in triciclo, figuriamoci in bicicletta». Meglio pensare al 2021, forse, a un Giro vero, senza pensieri e problemi: un Giro nel quale la gente possa stare in strada senza guanti o mascherine, per il quale i ciclisti possano prepararsi seriamente, e le volate possano essere disputate senza pensare a distanziamenti e misure di sicurezza. Un Giro con un clima più adatto, che in autunno in montagna fa freschino e le tappe alpine non sono uno scherzo.
Per quest’anno potremmo accontentarci di SenzaGiro, un Giro d’Italia virtuale, raccontato da scrittori e giornalisti appassionati, che ci racconteranno un Giro che non c’è come se invece ci fosse veramente. favicon-senzagiroOgni tappa sarà inventata e raccontata da un narratore diverso, che continuerà il racconto di quello del giorno prima, in un puzzle che cercherà di mettere insieme tante tessere diverse per ottenere una storia unica e condivisa. Un gioco, un passatempo, ma anche una cosa seria, che indirizzerà le donazioni di sponsor e privati a Namastè, una cooperativa sociale bergamasca che assiste persone fragili.
D’altronde, come dice Rodari, il ghiro è un animale giocondo, «sovente l’ho veduto ballare il ghirotondo…». Speriamo che nel 2021 il ghiro abbia finito il suo letargo, e che tutto torni alla normalità. Quest’anno stare SenzaGiro non sarà poi così male: ci porterà sicuramente su strade nuove e inesplorate e forse non vincerà il migliore ­– che noia ­– ma il più estroso, il più divertente, forse il più allocco, chissà. Sicuramente quello con le gambe più adatte a scalare le montagne della fantasia.

Motti, Pacchetto e il calcio di Gianni Rodari

di Gianvittorio Randacciocantoni

Motti e Pacchetto sono un’affiatata coppia di ladri, fisicamente ricordano Stanlio e Ollio, o Don Chisciotte e Sancho Panza. Motti è un ladro gentiluomo, una mente sopraffina, Pacchetto, invece, il tonto che esegue gli ordini, senza farsi troppe domande. Un bel momento Motti decide di falsificare i biglietti per le partite di calcio e di farli vendere a Pacchetto. Il piano prevede che i due seguano le partite dell’Inter in trasferta: vogliono stare lontano da Milano, la loro città, in cui sono troppo conosciuti dalla polizia. Le cose vanno benissimo: a Firenze, Roma e Bologna i due incassano sonanti bigliettoni e Pacchetto riesce a vedersi ogni volta la sua Inter allo stadio. Ma il commissario Geronimo e il brigadiere De Dominicis riescono a risolvere il mistero, catturando Pacchetto al San Paolo, in occasione di Napoli-Inter: il ladro tontolone non riesce a resistere alla tentazione e si fa notare da De Dominicis suonando dei piatti al gol dell’Inter. È l’inizio della fine, di Pacchetto e de La partita, il racconto di Gianni Rodari contenuto ne suo ultimo libro, Il gioco dei quattro cantoni.

Domenica sera si gioca Napoli-Inter per davvero e Motti e Pacchetto farebbero sicuramente una gran fatica a mettere in atto il loro piano, ostacolati da pay tv, anticipi, posticipi e scarsa affluenza di tifosi allo stadio, che al San Paolo sembra ancora più marcata che altrove. D’altronde il racconto di Gianni Rodari sopra ricordato è del 1980 e da allora molte cose sono cambiate, non solo allo stadio. Oggi si parla soprattutto del contratto di Icardi, dei cori razzisti, dei fischi a Insigne, di tatuaggi, fatturati e fallimenti. Del risultato e di quel che succede in campo sembra interessare poco a tutti, anche se l’Inter a Napoli si gioca una bella fetta di Champions. Sarebbe bello chiedere un pronostico direttamente a Gianni Rodari che, però, già nel 1980 non si era sbilanciato: l’Inter era passata in vantaggio, sì, ma poi, dopo l’arresto di Pacchetto, non si sa come fosse finita la partita. Forse potremmo chiederlo direttamente a Motti e Pacchetto, se sapessimo dove sono finiti dopo i due anni e i sei mesi passati a raccontarsela in prigione…

L’arbitro Giustino

di Gianni Rodari

L’arbitro Giustino è inappellabile, come tutti gli arbitri. Anche quando sbaglia, bisogna rispettarlo e ubbidirgli prontamente.
Che tremenda responsabilità.rodari_errori
Oggi egli non è in buona giornata. Il suo fischietto trilla a casaccio, facendo impazzire i giocatori e la folla.
In questo momento, invece che un «calcio d’angolo», il fischietto dell’arbitro Giustino ha fischiato un «calcio d’angelo».
— E come facciamo a tirarlo? — domandano i nostri avversari.
— Arrangiatevi, — dice l’arbitro.
Un calciatore è costretto ad attaccarsi un paio d’ali alla maglia per calciare il pallone. Lo tocca appena col piede e il pallone vola al disopra delle tribune, si perde in cielo, bisogna metterne in campo un altro.
Il gioco riprende e per qualche minuto tutto va liscio. Poi il terribile fischietto del signor Giustino fischia un «ricore». Purtroppo, stavolta, a nostro danno.
— Vorrà dire un rigore, con la «g»? — domandano disperati i nostri giocatori.
— Quel che ho detto ho detto, — risponde Giustino. — Io sono inappellabile.
Il «ricore», con la «c», è un castigo spaventoso, perché è composto di tre calci di rigore uno dopo l’altro.
I giocatori si inginocchiano ai piedi dell’arbitro, gli baciano la giacca di seta nera, gli lucidano il fischietto.
— Per favore, ci cambi la consonante!
Il pubblico grida: — Venduto! Prenditi la tua «c» e vattene.
Il pubblico, si sa, non ragiona. Allo stadio non ci va per ragionare ma per gridare. Ma l’arbitro non si tocca. La folla piange in coro, e le lagrime scendono a ruscelli dalle gradinate, allagano il campo…
Non c’è niente da fare. Il «ricore» ci costa tre gol. Addio partita, addio scudetto. Certi errori si pagano cari, specialmente se sono errori altrui.

[L’arbitro Giustino è un racconto che compare nel Libro degli errori di Gianni Rodari (con i disegni di Bruno Munari, edito per la prima volta da Einaudi nel 1964.]