Motti, Pacchetto e il calcio di Gianni Rodari

di Gianvittorio Randacciocantoni

Motti e Pacchetto sono un’affiatata coppia di ladri, fisicamente ricordano Stanlio e Ollio, o Don Chisciotte e Sancho Panza. Motti è un ladro gentiluomo, una mente sopraffina, Pacchetto, invece, il tonto che esegue gli ordini, senza farsi troppe domande. Un bel momento Motti decide di falsificare i biglietti per le partite di calcio e di farli vendere a Pacchetto. Il piano prevede che i due seguano le partite dell’Inter in trasferta: vogliono stare lontano da Milano, la loro città, in cui sono troppo conosciuti dalla polizia. Le cose vanno benissimo: a Firenze, Roma e Bologna i due incassano sonanti bigliettoni e Pacchetto riesce a vedersi ogni volta la sua Inter allo stadio. Ma il commissario Geronimo e il brigadiere De Dominicis riescono a risolvere il mistero, catturando Pacchetto al San Paolo, in occasione di Napoli-Inter: il ladro tontolone non riesce a resistere alla tentazione e si fa notare da De Dominicis suonando dei piatti al gol dell’Inter. È l’inizio della fine, di Pacchetto e de La partita, il racconto di Gianni Rodari contenuto ne suo ultimo libro, Il gioco dei quattro cantoni.

Domenica sera si gioca Napoli-Inter per davvero e Motti e Pacchetto farebbero sicuramente una gran fatica a mettere in atto il loro piano, ostacolati da pay tv, anticipi, posticipi e scarsa affluenza di tifosi allo stadio, che al San Paolo sembra ancora più marcata che altrove. D’altronde il racconto di Gianni Rodari sopra ricordato è del 1980 e da allora molte cose sono cambiate, non solo allo stadio. Oggi si parla soprattutto del contratto di Icardi, dei cori razzisti, dei fischi a Insigne, di tatuaggi, fatturati e fallimenti. Del risultato e di quel che succede in campo sembra interessare poco a tutti, anche se l’Inter a Napoli si gioca una bella fetta di Champions. Sarebbe bello chiedere un pronostico direttamente a Gianni Rodari che, però, già nel 1980 non si era sbilanciato: l’Inter era passata in vantaggio, sì, ma poi, dopo l’arresto di Pacchetto, non si sa come fosse finita la partita. Forse potremmo chiederlo direttamente a Motti e Pacchetto, se sapessimo dove sono finiti dopo i due anni e i sei mesi passati a raccontarsela in prigione…

Riassunti di partite importanti

di Gianvittorio Randaccio

Inter – Udinese 3-1
Il 17 ottobre 2004 io e il mio amico Giorgio eravamo a San Siro, in tribuna rossa, perché mia madre tramite il lavoro aveva avuto dei biglietti omaggio. Si giocava Inter-Udinese e Adriano, l’Imperatore, aveva segnato quasi subito su punizione. Inter Milan v Udinese
Poi, dopo pochi minuti, era successa una cosa incredibile. Adriano, sempre lui, aveva preso la palla nella sua metà campo e aveva cominciato a correre verso la porta dell’Udinese, senza apparenti ostacoli. Infatti, e dalla tribuna si era visto benissimo, quei rari difensori dell’Udinese che gli si erano presentati davanti, erano caduti come birilli intontiti e Adriano, che non andava poi tanto veloce e sembrava anche avere un controllo di palla un po’ difficoltoso, era arrivato al limite per poi tirare e fare secco il povero De Sanctis. Alla fine, dopo i gol di Mauri e Vieri, la partita era terminata 3-1, ma nella memoria di tutti, anche molto tempo dopo, era ed è rimasto solo quel gol assurdo. Da molte parti ho letto che si è trattato di un autentico capolavoro, ma io ho sempre avuto l’impressione che sia stato un gol normalissimo e che forse i difensori dell’Udinese avevano esagerato un po’ con la grappa nel caffè corretto nel prepartita.

Milan – Liverpool 3-3 (5-6 d.c.r.)
La sera della finale di Champions del 2005 mi ricordo che ero a casa di amici a San Donato Milanese, e forse non c’era neanche un milanista, doveva essere uno di quei ritrovi di gufi che sperano che la squadra nemica di turno si prenda un bel po’ di scoppole per non venire troppo presi in giro nei giorni successivi. E insomma, quella sera era andato tutto benissimo perché il Milan era andato in vantaggio per tre a zero, con il gol di Maldini la doppietta di Crespo, ma poi era stato rimontato dal Liverpool, grazie ai gol di Gerrard, Smicer e Xabi Alonso e alla fine battuto ai calci di rigore in un modo che ha veramente dell’assurdo. Quello che mi è rimasto più impresso di quella partita, però, non è stato Dudek che saltava come un canguro o la faccia sconsolata di Dida o l’errore ai rigori dell’infallibile Pirlo, ma un mio amico, non ricordo bene nemmeno chi, che a un certo punto era saltato su una sedia e aveva cominciato a tirare dei pugni fortissimi sullo stipite sopra a una porta, per sfogare tutta l’adrenalina che aveva accumulato nella serata, mentre tutti lo guardavamo stupiti e anche un po’ preoccupati. E questo è anche il motivo, penso, per cui non mi piace tanto invitare gente a casa mia a guardare le partite.

 

Un thriller senza assassino

di Gianvittorio Randaccio

Ieri sera mi sono seduto sul divano per vedere un bel thriller, sperando che fosse fatto bene e che mi facesse passare un bel paio d’ore, con colpi di scena a profusione e magari con poco spargimento di sangue, che è un periodo che sono un po’ impressionabile. nainggolan_1129610sportal_home
Il titolo era Inter-Lazio e, viste le ultime interpretazioni dell’Inter non avevo molti dubbi sul fatto che i nerazzuri avrebbero avuto il ruolo della vittima, mentre tra i laziali si sarebbe dovuto cercare l’assassino. E, in effetti, fin dall’inizio mi sembrava di averci azzeccato in pieno: la Lazio attaccava con manovra bella ed elegante mentre l’Inter subiva, incapace di mettere in fila più di tre passaggi e mostrando un animus pugnandi degno del mio gatto addormentato. Certo, di colpi di scena neanche l’ombra, ma non si può avere tutto. Bisognava solo capire chi sarebbe stato l’assassino: tra i papabili c’erano Correa, vivo e frizzante, il solito Immobile, che correva come un indemoniato, oppure Luis Alberto, stranamente in forma dopo mesi di anonimato. Ma in realtà la Lazio non faceva molto male e Handanovic difendeva la sua porta con relativa facilità. Cominciavo a essere un po’ deluso e man mano che la pellicola avanzava si capiva sempre meglio che non ci sarebbe stato nessun assassinio e quindi nessuna indagine per trovare un colpevole inesistente: molto semplicemente uno dei due protagonisti del thriller, l’Inter, aveva deciso di suicidarsi in maniera scientifica, controllata, togliendo alla Lazio il piacere del colpo mortale. Prima era stato Candreva a sbagliare un gol fatto dopo una respinta di Strakosha, poi, dopo aver rischiato di prendere un gol all’ottantanovesimo (miracolo di Handanovic su Caiceido), ecco che era il turno del Toro Martinez a fare harakiri, mangiandosi un gol incredibile davanti alla porta. Come a dire agli amici laziali che, insomma, l’Inter stasera non aveva voglia di farsi ammazzare, lo avrebbe fatto da sola, senza problemi. E infatti ecco il gol di Immobile, con una mozzarella angolata e lentissima che il povero Handanovic vedeva rotolare in fondo alla rete. Poi, unico colpo di scena di tutto il film, ecco il rigore al centoventesimo che Icardi, forse non informato del progetto di suicidio collettivo, aveva trasformato con freddezza. Che strano, mi dicevo io, che bisogno c’era di prolungare il film? Non bastavano centoventi minuti? Ma il meglio doveva ancora arrivare. La scena finale è di quelle che non si dimenticano: il pezzo pregiato del mercato, il ninja Nainggolan, tira svogliatamente l’ultimo rigore, Strakosha se lo vede quasi arrivare addosso e, smanacciandolo oltre la traversa, certifica finalmente il suicidio dell’Inter, mettendo la parola fine a un thriller scialbo e poco divertente, senza assassini, commissari e sparatorie. La prossima volta sceglierò un film comico, sempre con l’Inter protagonista: i nerazzurri mi sembrano interpreti versatili e di valore, non faranno di certo fatica a farci fare quattro risate, magari già contro il Bologna, domenica prossima.

Un divano a Wembley

dal nostro inviato Gianvittorio Randaccio

Sono quasi le nove e già il divano è gremito da tifosi di ogni età, dai nove ai quaranta e oltre, in maniera imprecisata. Wembley stasera per noi è un muro bianco e un proiettore che gli spara sopra Tottenham-Inter come al cinema, con il commento della Rai che va in dolby surround per tutto il salotto. C’è entusiasmo, anche se l’Inter fatica fin da subito. Ma come si fa a giocare così, ci si chiede? E se lo chiede anche Antonio Di Gennaro, che subito comincia a dire che «così diventa difficile», quando Brozovic fa un lancio troppo lungo o Asamoah un retropassaggio troppo corto. eriksen
Soprattutto il Ninja sembra in difficoltà: corre poco, sbuffa, sbaglia i passaggi. Il divano è sgomento, solo Silvia, curiosa, fa avanti e indietro dalla cucina per vederlo, questo famoso Ninja romantico con una rosa tatuata sul collo. Il Tottenham gioca con il coltello in mezzo ai denti e ha sempre il pallone. Coco Lamela, con il suo cerottone, è sempre un pericolo, così come l’Uragano Kane, e pure Wings, che in questo stadio domestico viene scambiato per una Winx, che spara un raggio bioritmico direttamente sulla traversa, facendo sobbalzare tutto il divano. Quando a fine primo tempo esce Nainggolan c’è un boato, soprattutto perché da queste parti c’è grande considerazione per Borja Valero, anche se il suo aspetto sembra quello di un settantenne appena richiamato dalla rete di un cantiere. Continua a leggere “Un divano a Wembley”

Provaci ancora, Roy

di Gianvittorio Randaccio

È domenica, sono in giro, devo tirare le sette per andare a prendere una bambina di quasi otto anni alle prove del coro. Ho una mezz’oretta libera, non poco, non molto, il tempo di una birra piccola e due patatine. Entro in un pub dall’aria accogliente: fra un paio d’ore c’è il derby, c’è eccitazione in giro, si sente, tutti i posti sono prenotati, alle otto e mezza qui dentro non entrerà uno spillo. Ma adesso c’è posto, e la barista mi dice di sedermi dove voglio, anche se su un tavolo c’è un foglietto giallo con scritto Angelo x 6 e su quello vicino, invece, Giuseppe, sempre x 6. Nel pub ci sono vari maxischermi e si possono seguire tante partite, anche contemporaneamente. Decido che mi interessa Fiorentina-Cagliari,4104351428_3877955604_m anche se sembra che a Firenze ci sia un vento fortissimo e che il gioco sia molto difficoltoso: e infatti è vero, non azzeccano due passaggi di fila, la palla rimbalza casualmente da una parte all’altra del campo e ci sono anche un sacco di falli, per cui il gioco è spesso fermo e io mi annoio un po’. Allora giro lo sguardo per il locale: dietro di me trasmettono dei filmati di qualche partita di Champions; un po’ più a destra, proprio sopra il bancone, si passa al basket ed ecco l’Olimpia Milano che sfida l’Onoria Pistoia; più a destra ancora, vicino al bagno, c’è la sfida tra Everton e Crystal Palace, noiosa anche lei, ferma sullo 0-0. I tifosi nel pub che aspettano il derby cominciano a bere birra, e ridendo dicono che devono darsi un contegno, non possono fare come se fossero allo stadio, se no qui li sbattono fuori. A un certo punto a Firenze, nella noia e nel vento più assoluti, Chiesa si libera di un difensore e tira di poco fuori, ma quando sembra che la partita possa finalmente decollare finisce puntualmente il primo tempo. Continua a leggere “Provaci ancora, Roy”