di Emiliano “el buitre” Fabbri
Ancora oggi sentiamo parlare di “calcio totale” come di un concetto calcistico precursore dal punto di vista tattico e di stella cometa per altre varianti, ma cosa più importante ne parliamo al presente, come un’idea che non solo non è passata di moda, ma resta terribilmente in voga. Il colore del calcio totale è arancione, anzi, un “total orange”, perché le sue radici sono da ricercare nei Paesi Bassi.

Il calcio totale ha superato per la prima volta l’idea di uno schieramento tattico numerico, per far entrare nella testa dei calciofili il concetto di spazio. Quindi non più una scacchiera dove muovere undici pedine, ma lo sfruttamento proprio della scacchiera per far sì che queste undici pedine siano tra esse intercambiabili. L’idea del ruolo stessa viene rivoluzionata perché per la prima volta tutti attaccano e tutti difendono. Si comincia a parlare per la prima volta di fase difensiva e fase offensiva riferita a tutti gli attori in campo. Sempre con la variante spaziale. Quando si attacca il campo si allarga, quando si difende il campo si stringe.
Dal punto di vista storico, possiamo considerare il calcio totale olandese la naturale evoluzione che segue la “Passovotchka” della Dinamo Mosca di Boris Arkadiev degli anni Quaranta e lo stile ungherese del decennio successivo. In più gli olandesi inseriscono, in anteprima mondiale, quello che diventerà il loro marchio di fabbrica: il pressing, unito allo sfruttamento della tattica del fuorigioco. Ulteriori migliorie arrivano allo studio approfondito del gioco del calcio, nonché alle migliori condizioni fisiche della generazione post seconda guerra mondiale.
Quando si parla di calcio totale tutti pensano a Marinus Jacobus Hendricus Michels, ma in pochi si domandano dove siano nate le idee del buon Rinus, ovvero da Jack Reynolds, un inglese di Manchester che allenò l’Ajax per un trentennio in tre step, e nella sua ultima avventura sulla panchina dei lancieri, dal 1945 al 1947, allenò proprio lui: Rinus Michels. Se Michel è il padre del calcio totale, Reynolds ne è il nonno, perché per primo infuse nei biancorossi un gioco offensivo votato alla tecnica e al possesso palla. Ma non solo, mise mano anche al settore giovanile, cui impose di giocare tutti allo stesso modo. Prima di arrivare a Michels però, nel biennio tra il 1959 e il 1961, l’Ajax scelse un altro allenatore, Vic Buckingham, che proseguì il lavoro del suo connazionale, incentrato soprattutto sul possesso palla, e che portò vittorie in patria.
Non meno importanti furono due passaggi del calcio olandese, uno organizzativo, ovvero l’introduzione di una forma primordiale di professionismo nel 1954. L’altro tattico, in quanto in Olanda praticamente si saltò il periodo del W-M, che prevedeva le prime rigide marcature a uomo.
Ma fu con l’arrivo sulla panchina di Rinus Michels che Amsterdam, e il mondo del calcio, ebbe lo shock definitivo. Era sbocciato il calcio totale. Nel 1958 Michels appese gli scarpini al chiodo dopo una carriera da attaccante spesa tutta nell’Ajax e, dopo gli inizi in panchina, nel 1965 tornò ad Amsterdam da allenatore. E niente fu come prima. La sua squadra cominciò a giocare un calcio armonioso, nato da una maniacale disciplina nella preparazione fisica, nell’alimentazione e negli allenamenti, basati sul lavoro con la palla, a cui si unì una riorganizzazione della struttura societaria, e col passaggio al professionismo ormai completato. Non di meno è da considerare la simbiosi tra l’evoluzione tattica e lo sviluppo della città di Amsterdam, punto focale della rivoluzione culturale giovanile, dove si assaporava un’aria onirica e libertaria. L’Olanda fu il primo paese che invece di contrastarla, tollerò la ribellione giovanile degli anni Sessanta. Nella vita degli olandesi, e conseguentemente sul campo di calcio, le tradizioni cominciarono a essere messe in discussione.
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