di Emiliano “El Buitre” Fabbri
Il calcio è costellato di partite epiche. Alcune sono entrate di diritto nella storia, altre sono legate alla propria squadra del cuore e poi ci sono quelle che ognuno di noi ricorda per pura passione personale. Tutte però hanno un unico comune denominatore ovvero sono legate a un risultato, sia esso favorevole o contrario. Ergo: ai gol. È difficile che rimangano impresse gare in cui un gol venga salvato o peggio ancora sbagliato, a meno che non contengano qualcosa di speciale, a meno che non entrino nell’immaginario collettivo grazie a qualche artista.
È il caso di Inter-Slovan Bratislava del 15 settembre 1982. Il Mundial ispanico è ancora vivo nel cuore e nell’immagine di Paolo Rossi, nel senso del calciatore, e quando si gioca un primo turno di Coppa delle Coppe a ergersi a protagonista è uno che quei mondiali non li aveva giocati, seppur l’opinione pubblica tifasse per lui, tanto da far incazzare il Vecio finanche a dare un manrovescio a una tifosa troppo esaltata per il suo calciatore tanto amato. Calciatore dal mancino sopraffino certo, ma dal carattere scapigliato. Calciatore che, dopo quella partita di San Siro è entrato direttamente nella cultura popolare grazie a un artista che ha portato le sue gesta, ahilui infauste, addirittura in teatro col monologo Lode a Evaristo Beccalossi. Grazie a Paolo Rossi, nel senso dell’artista. Ecco. Il Beck. Uno che teneva per lui il genio e lasciava agli altri l’incazzatura, quella sera riuscì nell’impresa di sbagliare due calci di rigore nel giro di un quarto d’ora. Il primo fuori rasoterra sulla destra, e quando l’arbitro portoghese Graca Oliva ha indicato per la seconda volta il dischetto, s’è fatto ribattere il secondo dal portiere Mana, con tanto di ribattuta ri-ribattuta. Immaginate il suo stato d’animo quando uscì dal campo sostituito da Bergamaschi. E quello di San Siro.
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