di Emiliano “el buitre” Fabbri
Domenica 20 marzo si gioca allo stadio Garilli il derby piacentino tra Piacenza e Fiorenzuola. La Primogenita e la Cenerentola. Con le debite proporzioni, è come se si giocasse in campionato un derby come Juventus-Chieri, se vediamo la provincia torinese, o se andiamo in Liguria, Sampdoria-Virtus Entella o Genoa-Sestri Levante. Per non parlare della provincia meneghina dove si potrebbe ipotizzare un Milan-Pro Sesto o una Inter-Giana Erminio. O come se la Fiorentina incontrasse lo Scandicci oppure il Napoli la Turris e, se scendiamo nella capitale, un derby tra Roma e Ostia Mare. Fatto il giro d’Italia dei derby provinciali improbabili, torniamo nel piacentino, dove questo derby è realtà.
Sia ben chiaro che Fiorenzuola ha la sua storia, ovviamente come città che, seppur di quindicimila abitanti, è il punto di riferimento della pianura del Basso Arda, e anche calcisticamente, visto che i rossoneri hanno un secolo di storia e, seppur la storia del Piacenza la conoscono tutti, a Fiorenzuola la serie C la conoscono bene per averla frequentata. Soprattutto negli anni Novanta, guidati dal presidente Antonio Villa, quando hanno vissuto dodici anni consecutivi in terza serie. Quel periodo per il Fiorenzuola terminò sotto il segno della bandiera argentina. Era l’estate del 2001, quando una nuova proprietà pronta a subentrare aveva come allenatore designato Mario Kempes, campione del mondo e capocannoniere nel 1978, che con sé aveva una rosa di giocatori argentini e uruguaiani. Ma il tutto svanì come un sogno di una notte di mezza estate: Mario Kempes andò ad allenare il Casarano e di quel periodo ci rimane un film: Sogni di Cuoio. Dopo cinque lustri da quell’estate esotica, il Fiorenzuola è tornato in serie C, e oggi si scontra col Piacenza.

Per me c’è un derby nel derby. Col Fiorenzuola ritrovo quale allenatore dei portieri Emilio Tonoli: lui è lodigiano D.O.C., io d’adozione, insieme abbiamo fatto qualcosa di buono nel Fanfulla. Lui nel frattempo ha scoperto un certo Federico Marchetti. Oggi ci ritroviamo contro, col sorriso degli amici e la voglia di vincere entrambi.
La partita ha uno sviluppo semplice e lineare. Noi cerchiamo in tutti modi di segnare ma vincono loro. Possesso palla, azioni d’attacco, calci d’angolo e quant’altro si possa misurare in numeri e percentuali, lasciano il tempo che trovano, perché il calcio è un gioco meraviglioso a cui le statistiche stanno decisamente antipatiche, e l’unico dato che conta è quello che indica i gol. Zero noi. Uno loro. Ad ogni nostra azione manca sempre un centesimo per fare una lira, pardon, un euro. Il passaggio è troppo corto o il cross è troppo lungo. Il tiro è troppo largo o l’assist è troppo forte. Il lancio è troppo veloce o il tiro è troppo lento. In questa perenne indecisione tecnica l’unico che indovina le proporzioni è Elia Giani. Su un lancio lungo del Fiorenzuola, che sembra effettivamente sembra troppo lungo, il portiere esce ma pensa che la prenda il difensore. Di contro il difensore, in perfetta sintonia, corre ma pensa la prenda il portiere. Alla fine la prende Elia. E segna. È così che Davide batte Golia.